La comunicazione ha subito nel tempo un continuo mutamento; all’inizio era basata su semplici gesti, poi arrivarono le parole e dunque, i primi sistemi di scrittura. Ma è con lo sviluppo della stampa e a seguire con altre invenzioni come il telegrafo, il telefono, la radio
e la televisione, che ebbe inizio la divulgazione delle informazioni e della conoscenza su larga scala, al punto da influenzare profondamente e rapidamente lo sviluppo sociale di diverse generazioni.

In queste circostanze la politica è, “quasi sempre ed ovunque”, intervenuta per disciplinare il corretto utilizzo dei mezzi di comunicazione, con l’obiettivo d’impedirne l’abuso e di conseguenza tutelare i cittadini, le imprese pubbliche e private, nonché lo Stato stesso. Un salto quantico nella trasformazione dei processi comunicativi avviene però con l’avvento delle tecnologie digitali e in particolare con l’uso dei computer e delle reti dati; strumenti questi, inizialmente utilizzati dalle forze militari e dalle comunità scientifiche e in seguito dalle grandi organizzazioni e singoli cittadini, negli ultimi anni anche in un regime di completa mobilità. Di fatto la rete ha definitivamente abbattuto ogni sorta di barriera spazio- temporale, consentendo di accedere a qualunque tipo d’informazione e a un numero illimitato di servizi, tra cui quelli per lo sviluppo delle relazioni sociali; ne sono un esempio, le chat, i blog, i forum e i social network1. La rete ha dunque permesso, in uno spazio “libero”, di andare oltre i modelli tradizionali della comunicazione, consentendo alle persone, da una parte, di essere sempre e comunque informate sui fatti grazie ad un patrimonio informativo dalle dimensioni infinite e sempre aggiornato, e dall’altra, di condividere esperienze, opinioni e sensazioni personali, diventando per la prima volta dei veri e propri “contributor” dell’informazione. Purtroppo però la rete in questi ultimi anni, rispetto a quella “libertà” tanto decantata, ha fatto emergere alcuni nuovi problemi e in particolare quello dell’attendibilità delle informazioni che possono essere alterate e\o manipolate (le c.d. fake news), al punto da generare disinformazione, indipendentemente dal fatto che sia accidentale (misinformation) o intenzionale (disinformation); disinformazione che può essere utilizzata per le più diverse ragioni come, ad esempio, influenzare l’opinione pubblica, istigare all’odio, danneggiare l’immagine di aziende, offendere e\o minacciare le persone e molto altro ancora. Adottare delle regole per avere un’informazione di qualità in rete sta dunque diventando un’esigenza sempre più impellente.

Alcune iniziative per la prevenzione e il contrasto delle fake news

Per rendersi conto della dimensione del fenomeno basta poco; inserendo in un qualunque motore di ricerca frasi come “bufale in rete”, “le più grandi fake news in rete” e parole chiavi similari, si trova di tutto su quanto è “apparentemente” accaduto e raccontato dalla rete. Il quotidiano “La Stampa”, con un articolo pubblicato online2, riferisce testualmente: “Il 2016 passerà alla storia anche come l’anno in cui siamo entrati nell’epoca delle post-verità. Quello delle ‘bufale’ non è un fenomeno nato negli ultimi 12 mesi, ma in quest’arco di tempo sempre più siti, blog e account hanno cominciato a proliferare sul web incessantemente per lucrare sulle ‘fake-news’, ma anche solo per generare odio e malcontento”. C’è in pratica di tutto, dai fantomatici sismologi intervenuti in rete per parlare dei complotti che le istituzioni avrebbero architettato pur di non pagare i danni ai cittadini in riferimento agli ultimi terremoti che hanno colpito l’Italia centrale, al finto e già defunto Umberto Eco che avrebbe, attraverso le sue dichiarazioni, cercato d’influenzare il referendum abrogativo del Dicembre dello scorso anno; a seguire le false dichiarazioni di politici e ancora sulle origini della meningite e di come questa è stata veicolata in giro per il mondo e poi ancora di tutto e di più sulle scie chimiche, i microchip impiantati sotto la pelle degli uomini per il controllo delle mente, fino a tutti i falsi che hanno incessantemente accompagnato Donald Trump e HiIlary Clinton durante la loro campagna elettorale per le presidenziali americane. Proprio su quest’ultimo punto è tornata, poco prima dell’estate, Hillary Clinton con un suo intervento presso il Wellesley College. Senza mai riferimento al proprio avversario, che poi ha vinto, la Clinton ha fatto alcune interessanti affermazioni: “Vi state laureando in un momento in cui sta avvenendo un assalto totale alla verità e alla ragione. Basta connettersi per 10 secondi ai social media per venirne colpiti direttamente in faccia”3 e “Nei prossimi anni, vi confronterete con fiumi di troll, sia online che di persona, impazienti di dirvi che non avete nulla di sensato da dire o nulla di significativo con cui contribuire alla società, potrebbero anche arrivare a definirvi una donna maligna (nasty woman)”. Il problema delle fake news deve essere però d’interesse anche per le aziende, in particolare quelle maggiormente esposte da un punto di vista mediatico, dal momento che una falsa dichiarazione potrebbe avere delle ripercussioni sulla loro reputazione, come è recentemente accaduto a Sturbuck4. La domanda sorge dunque spontanea, cosa si può fare per arginare questo fenomeno? Da come si stanno muovendo alcuni Stati e organizzando i grandi “big” della rete, sembra che i margini di manovra passano per diversi tipi d’intervento, alcuni di natura legislativa, altri di natura tecnologica. In Francia e in Germania sono state avviate alcune iniziative per verificare l’attendibilità delle informazioni, con l’obiettivo di rimuovere quelle false; ad esempio, in…

“ C’è in pratica di tutto, come il finto e già defunto Umberto Eco che avrebbe, attraverso le sue dichiarazioni, cercato d’influenzare il referendum dello scorso anno. “

Germania è recentissima l’entrata in vigore di una legge che obbligherà i social network con oltre due milioni di utenti, a rimuovere contenuti che incitano all’odio (hate speech), pubblicano pagine false e offensive, espongono minacce, e così via. L’attuazione della legge sarà garantita da circa cinquanta dipendenti del ministero della Giustizia che controlleranno l’applicazione della norma. La legge, in vigore dal mese di Gennaio 2018, presenta un impianto sanzionatorio che, valutato e applicato dallo stesso ministero, nel peggiore dei casi prevede multe di 50 milioni di euro. La Francia per tutelare i propri elettori durante la recente campagna elettorale per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica, ha incaricato una società di fact-checking di segnalare a Facebook la presenza di notizie false. Anche in Gran Bretagna, dopo il referendum sulla Brexit, la Commissione Media ha avviato un’inchiesta sul tema. In Italia, nel mese di Febbraio, attraverso un’iniziativa parlamentare, è stato presentato e annunciato dalla Senatrice Adele Gambaro5 – Atto Senato n°2688 (XVII Legislatura) – il primo disegno di legge contro le false notizie e l’istigazione all’odio in rete; il disegno di legge assegnato alle commissioni riunite 1a (Affari Costituzionali) e 2a (Giustizia), è stato pensato in linea con gli indirizzi presentati nella risoluzione 2143 (2017) “I media online e il giornalismo: sfide e responsabilità“ approvata il 25 Gennaio 2017 dall’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa. Anche l’Unione Europea, con la neo-commissaria al digitale Mariya Gabriel, sta prendendo posizione nei confronti delle fake news, avviando già nelle prossime settimane una consultazione pubblica per individuare un approccio equilibrato, a tutela della libertà di espressione di chiunque. I big della rete stanno invece cercando di capire quali sono esattamente le responsabilità che hanno nella gestione delle informazioni e in particolare quelle false; al riguardo, è stato fatto un esercizio per tentare di comprendere la natura dell’informazione a proposito della sua attendibilità. Non vi è dubbio che ci siano alcune informazioni palesemente false, la cui origine ha il solo scopo di monetizzarle. Attraverso notizie sensazionali e link che permettono il re-indirizzamento verso pagine web che non hanno nulla a che vedere con i contenuti presentati in quella da cui si era partiti, l’utente è indotto a “cliccare” su pubblicità varie, consentendo al gestore del sito di guadagnarci (c.d. click-baiting). Spesso la pubblicazione di questo tipo d’informazione contrasta con la politica dei principali social che provvedono a rimuoverla; analogamente per tutte quelle che sono palesemente in contrasto con le leggi nazionali e internazionali, perché ad esempio fonte di diffamazione. L’area a cui si è fatto appena riferimento è ben definita, al punto che gli stessi social non hanno grandi difficoltà nell’intervenire. C’è però un’area grigia in cui è difficile agire e per la quale si corre il rischio di limitare la libertà altrui; basta pensare a quelle informazioni che pur distorcendo la realtà, sono comunque il frutto di opinioni personali che, se pur criticabili, sono espressione di una libertà di pensiero che deve essere comunque e sempre garantita. Da questo punto di vista è facilissimo che possa generarsi rumore di fondo, solo per fare un esempio basti pensare ad un confronto che nasce sulla base di studi scientifici che, a loro volta, sono smentiti da altri studi scientifici. E’ chiara dunque la difficoltà d’intervenire da parte di un gestore di piattaforma social, ogni qualvolta che si trova difronte a informazioni che, pur in contrasto con la realtà dei fatti, mancano di elementi oggettivi che ne giustificano la rimozione, essendo in ultima analisi il prodotto di un confronto democratico. L’idea sostanziale di Facebook per prevenire e contrastare le fake news, è quella di coinvolgere chi dell’informazione ne ha fatto una professione, oltre allo sviluppo di strumenti adeguati per facilitare il compito di chi è preposto al controllo.

Basandosi su queste premesse, il programma di Facebook si articola nei seguenti punti:

  • coinvolgere i professionisti dell’informazione – testate giornalistiche, stampa, e cosi via – per ottenere consigli e suggerimenti su come migliorare la piattaforma social e pubblicare\raccogliere in generale informazioni che la rendano una fonte affidabile;
  • rimuovere tutte le informazioni false che, opportunamente segnalate dagli utenti, includono link che rimandano a siti web che trattano tutt’altro rispetto al post originale e presentano contenuti pubblicitari; particolare attenzione è rivolta allo sviluppo di nuovi strumenti software che, sfruttando tecniche di Machine Learning, facilitano l’identificazione delle false notizie, che comunque devono essere sempre verificate prima della eventuale rimozione. C’è, infatti, ancora un elevato rischio di segnalare falsi positivi, almeno fino a quando queste tecnologie non saranno sufficientemente mature;
  • rimuovere gli account di fantasia segnalati dagli utenti, per creare relazioni tra persone reali, ben identificabili che, di conseguenza, sono maggiormente responsabilizzate rispetto a quanto pubblicano; in questo modo si tende a limitare il fenomeno dell’hate speech e del cyberbullismo. Anche in questo caso si stanno sviluppando strumenti che sfruttano il Machine Learning e si sta potenziando il team che, prese in carico le segnalazioni degli utenti, provvedono alla verifica e all’eventuale rimozione degli account;
  • fornire all’utente una serie d’informazioni aggiuntive rispetto a quella d’interesse, in modo tale che possa rendersi conto se si è imbattuto in una notizia falsa o alterata. Alla fine del 2016 in Francia, Germania, Stati Uniti e Olanda, sono state avviate una serie di sperimentazioni basate sul coinvolgimento delle c.d. fact checking organizations. Quando un utente ritiene che una notizia sia falsa, la segnala al social che a sua volta la inoltra alla fact checking organization (non necessariamente una sola) e attende l’esito dell’analisi. Se è dimostrato che si tratta di un falso, la notizia non è rimossa ma contraddistinta come potenzialmente “disputed”. Da quel momento, ogni utente è reso consapevole che quella notizia è stata contestata e valutata e, se vuole, può approfondire i motivi che hanno indotto il social, se pur indirettamente, a qualificarla in quel modo. In aggiunta si stanno potenziando i c.d. articoli collegati (related articles) attraverso i quali sono messi a disposizione degli utenti link che rimandano a pagine che trattano lo stesso tema e dunque consentono di approfondire la notizia d’interesse.
  • avviare campagne di sensibilizzazione, ad esempio attraverso il coinvolgimento delle scuole, per fornire consigli utili a migliorare il senso critico e dunque a individuare le notizie false.

In generale emerge dalle precedenti considerazioni che c’è un grande fermento intorno a questo tema e che ancora molto c’è da fare, sia da un punto di vista normativo, sia tecnologico; ad esempio sfruttando sempre di più i metodi di apprendimento automatico, ma anche rendendo maggiormente consapevoli gli utenti nel valutare le informazioni.

Conclusioni

L’intelligenza artificiale è la scienza che rende le macchine intelligenti e l’apprendimento automatico, anche chiamato Machine Learning dall’inglese, è un modo per renderle tali. In particolare, attraverso le tecniche di Machine Learning, si conferisce ai sistemi la capacità di imparare autonomamente affinché poi, possano svolgere compiti anche complessi, senza necessariamente programmarli. Gli algoritmi di apprendimento dopo molteplici cicli di esecuzione dovrebbero, infatti, sviluppare una conoscenza empirica dei problemi, per valutare e riconoscere le informazioni. Il Machine Learning è utilizzato per molteplici scopi, nell’ambito della sicurezza, per il riconoscimento facciale, per identificare immagini illegali, rilevare lo spam, individuare potenziali frodi e nei sistemi anti-terrorismo; si tratta chiaramente di una lista non esaustiva delle possibili applicazioni. Per alcune specifiche applicazioni, il Machine Learning è però ancora immaturo, anche se la comunità scientifica sta cercando di porvi rimedio e gli investimenti stanno via via crescendo nel tempo; è proprio il caso della fake news e della loro individuazione. Addirittura per alcuni non è chiaro se l’apprendimento automatico possa ritenersi una soluzione adeguata nel breve termine, sempre in riferimento alle fake news. Ciò che si può affermare con ragionevole certezza, indipendentemente dal grado di maturità delle tecniche appena menzionate, è che si tratta di un problema che non può essere affrontato con le sole tecnologie, ma occorre assolutamente il coinvolgimento delle persone. Del resto è evidente a chiunque che, il contenuto di un messaggio può assumere molteplici significati andando oltre quello di ogni singola parola. Gli attuali strumenti di apprendimento automatico restituiscono risultati interessanti quando devono individuare dei “pattern”, meno se devono entrare nel merito del significato di un’informazione, soprattutto quando presentano contenuti che tendono alla satira, all’umorismo o all’esagerazione. Rilevare automaticamente una fake news può pertanto essere veramente un compito arduo se pensiamo al problema in termini semantici; analogamente se pensiamo al fatto che ogni volta occorre stabilire qual è l’informazione di riferimento da assumere come base di certezza. Si tratta di una grande sfida per la quale, da una parte c’è la consapevolezza che la strada da percorrere è ancora lunga, dall’altra si sa che un grande sforzo deve arrivare dalla comunità scientifica e dalle imprese, anche attraverso l’attuazione di programmi di ricerca scientifica e industriale e lo sviluppo sperimentale. Tutto ciò sfruttando le tante possibilità offerte dai programmi di finanziamento resi disponibili sia a livello comunitario, sia nazionale.

1 Le chat consentono di comunicare con le persone in tempo reale, i forum sono utilizzati per sostenere discussioni dove non tutti i partecipanti sono online nel medesimo istante. I social network, sfruttando una caratteristica peculiare del c.d. Web 2.0, ossia la possibilità di interagire con la rete, sono delle vere e proprie piattaforme di aggregazione delle persone; come piazze virtuali favoriscono lo sviluppo di relazioni attraverso la condivisione d’informazioni, opinioni, immagini e link. In altre parole, i social network, offrono la possibilità a chiunque di partecipare alla “discussione” di qualunque genere e tipo.

2 http://www.lastampa.it/2016/12/31/societa/le-pi-grandi-bufale-del- X3Zin44VLpSL9mq9JBcmWP/pagina.html

3 http://america24.com/news/hillary-clinton-contro-le-fake-news- paragona-trump-nixon

4 http://www.businessinsider.com/fake-news-starbucks-free-coffee-to- undocumented-immigrants-2017-8?IR=T

5 http://www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/Ddliter/47680.htm

Gianluca Bocci

Gianluca Bocci

Twitter
Visit Us
LinkedIn
Share
YOUTUBE