Questo articolo, evidentemente matematico, si rivela però essenziale anche per i non addetti ai lavori. Infatti, se lasciamo da parte gli algoritmi che permettono a un utilizzatore esperto di creare i suoi propri metodi per disseminare contenuti sulle reti sociali durante l’intero arco di una giornata, un’attenta lettura delle prime e delle ultime pagine del testo ci dimostra l’interesse fondamentale di questo ragionamento e ciò indifferentemente dal metodo che useremo per metterlo in pratica. In particolare, impariamo leggendo qual è ormai l’impatto di un tale “ritardo volontario e scalato” dell’immissione dei nostri contenuti online nella nostra vita quotidiana.

© Parra-Arnau, Gómez Mármol, Rebollo-Monedero, Forné, Fig. 1

Gli autori hanno scelto di iniziare la loro ricerca elencando tutti i rischi che corriamo (per la sicurezza, la privacy ma anche per altri campi) usando le reti sociali in modo immediato e istintivo. Per fare ciò, illustrano il loro proposito con un caso di studio di grande impatto mediatico, basato su fatti reali.

Vi si racconta la storia di Isabella, una cittadina americana, giovane studentessa che ha appena terminato un master in giurisprudenza con risultati straordinari e che è stata chiamata da numerosi studi di avvocati per primo colloquio di lavoro. Ed è proprio qui l’inizio di una storia che per fortuna non si è conclusa in modo tragico. Il cognome della giovane è di origine araba, fattore questo che, nelle grandi città degli USA, non costituisce a priori un problema. Per di più, consapevole che potrebbe essere discriminata o attaccata per le sue origini o per la sua religione, Isabella si è sempre astenuta dal postare in rete sui suoi profili professionali messaggi di carattere politico o che svelino la sua vita personale, mentre svela molto di più le avventure del suo cagnolino che le sue in quelli privati. Ma c’è un problema. Durante gli ultimi anni, Isabella, musulmana moderata, ha utilizzato principalmente il momento del pranzo per postare informazioni online, ma solo durante un periodo specifico dell’anno, quello delle settimane del Ramadan. Ed è così che questo aspetto seppur banale, analizzato dalle tecnologie delle risorse umane degli studi legali che volevano ingaggiarla, ha fatto sì che quasi tutti i colloqui lavorativi degenerassero in domande scomode

sulla sua etnicità, con lo scopo evidente di saperne di più sulle sue convinzioni religiose. Per fortuna, la storia della brillante studentessa Isabella si conclude con l’assunzione in un grande studio.

Molti cittadini postano online sulle reti sociali, gli autori propongono di trovare un compromesso che, senza far perdere il piacere di usare questi canali, permetta sia di postare contenuti online “in diretta”, sia di scegliere quelli da pubblicare in un secondo momento, con lo scopo di raggiungere una certa omogeneità giornaliera nelle statistiche della cronologia dei “post” usate dagli analisti dei big data.

© Profilo normale di un utilizzatore dei social media secondo le ore del giorno (in rosa) e stesso profilo dopo l’applicazione del metodo proposto (in blu). Parra-Arnau, Gómez Mármol, Rebollo-Monedero, Forné, Fig. 2.

Questo semplice sfasamento orario permette, secondo gli autori, non solo di aumentare la propria sicurezza personale, ma soprattutto di ridurre drasticamente la capacità delle aziende specializzate nell’estrazione dei dati con criteri cronologici. Ancora di più, se questa tecnica venisse adottata da un numero cospicuo di cittadini, renderebbe questo tipo di analisi completamente inutile.

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