Il Visconte cibernetico – Ed. LUISS University Press

Le intuizioni di Calvino e la rivoluzione tecnologica

Il Visconte cibernetico di Andrea Prencipe Rettore della Luiss e Massimo Sideri, giornalista, conoscitore e divulgatore attento delle mirabolanti fenomenologie dell’innovazione che la tecnologia ci mette continuamente sotto gli occhi, è uno scritto denso di spunti teoretici, filosofici letterari. A partire dal “recupero” di una grande figura del Novecento, come è stato Italo Calvino, di cui sono stati da poco celebrati i cento anni dalla nascita. L’immagine dell’uomo diviso, intuita dallo scrittore nel celebre racconto “Il Visconte dimezzato” attraversa l’analisi degli studiosi, proiettandoci su alcuni aspetti stimolanti ma anche inquietanti della contemporaneità.

Il prepotente sviluppo della tecnoscienza pone interrogativi di non facile interpretazione. L’IA, osserva in un interessante commento apparso sul Corsera il filosofo Maurizio Ferraris, non può essere lasciata a se stessa, va governata, perché non c’è nulla di più umano della tecnologia, che accompagna la civiltà fin dal suo sorgere. Calvino lo aveva scritto anticipando i tempi, facendo vedere come le dicotomie classiche, attorno a cui il pensiero filosofico ruota da secoli, sono sempre valide, ineludibili. Caso e necessità, responsabilità e destino, istante e decisione, uomo e macchina, sono questioni che rimandano al rapporto tra sviluppo fisico – biologico e religione, rimandano all’etica che impone di trovare una direzione al nostro agire, alla concezione di un tempo fluttuante, post euclideo, che preme sulle nostre decisione, cambiandone verso e significato, alla tecnologia, che getta un ponte tra l’individuo e gli strumenti, protesi sofisticare che si interpongono, mediando: sentimenti, idee, parole.

I dilemmi della contemporaneità si specchiano tutti in questo agile e originale scritto, che in trasparenza rimanda alle ultime riflessioni di Edgar Morin (Ancora un momento, Ed. Raffaello Cortina) che mette a nudo, in pagine piene di passione e sentimento, il dramma dell’io, che vive la dimensione della “policrisi”, condizione di paura e spaesamento che riassume una crisi multifattoriale: sociale, economica, politica. “È possibile che l’umanità faccia ancora l’umanità?”, l’interrogativo di Morin, è quello stesso dei nostri autori, manifestato ancora una volta da Calvino, nelle sue Lezioni americane. “Se la complessità del reale sfida la conoscenza non possiamo arrenderci – si legge nella lezione dedicata alla molteplicità – il plurale è la categoria di lettura dell’esistente, la molteplicità non ammette infatti nessuna reductio ad unum”.

Nella società tecnologica bisogna saper tessere insieme saperi diversi, molteplici codici in una visione plurima, sfaccettata del mondo. Ricostruire i “sentieri interrotti”, per sanare la frattura tra l’essere e il mondo, che la post modernità ha avvertito per prima e che la “quarta rivoluzione”, (per usare la nota definizione di Luciano Floridi) dettata da Internet e dalla IA ha portato a maturazione, fino alle estreme conseguenze. Di fronte alle trasformazioni epocali socio tecnologiche, l’uomo si riscopre “senza qualità”, smarrito, preso da imbarazzo e angoscia, ma non può arrendersi. Prencipe e Sideri ci aiutano a ritrovare il linguaggio giusto, che è poi una questione di prospettiva, di metodo, di approccio. Servono “dosi massicce di pensiero critico” ha ragione il filosofo del linguaggio Franco Lo Piparo, non bisogna arrendersi al pensiero unico ma aprirsi a una dialogicità, necessaria dopo il naufragio delle certezze e il declino dell’epistemologia classica.

Gli autori sembrano volerci dire che sperata la fase “protagorea”, di un realismo ingenuo che ci faceva pensare che l’uomo era comunque misura di tutte le cose, perché è accaduto che è la misura stessa che è saltata. Per porre rimedio nuovi parametri della conoscenza devono essere esperiti e applicati, al fine di capire il presente e intercettare il futuro.

 

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