“Raggirati due volte: prima hanno acquistato la certificazione, che però non funziona; poi i “clienti” truffati hanno chiesto di riavere i soldi, ma ecco arrivare la contro-richiesta dei titolari dei canali Telegram, pena la diffusione delle informazioni.

Già dall’inizio di luglio (non solo per vendere certificati verdi fasulli ma persino fiale di vaccino), i canali Telegram si sono moltiplicati una volta annunciato dal Governo che il Green Pass sarebbe diventato obbligatorio dal 6 agosto.

Per avere un green pass falso tramite un canale Telegram bastava pagare tramite criptovaluta, con buoni regalo o acquisto, oppure con carte prepagate o bonifico. Naturalmente, gli incauti clienti dovevano anche fornire alcuni dati sensibili.

Il documento, all’apparenza reale, si basava in realtà su un Qr Code elaborato a tavolino o, peggio, copiato da chi lo aveva esibito sui social. Così, davanti a un controllo incrociato con i dati anagrafici, il certificato sarebbe risultato falso. E avrebbe messo nei guai anche chi lo ha acquistato.

I clienti, fidandosi degli anonimi mittenti del messaggio, hanno fornito i propri dati e pagato dai 150 ai 500 euro per ricevere la certificazione verde che dal 6 agosto è diventata obbligatoria per alcune attività.

Una volta ricevuto il documento, la prima brutta sorpresa: il QR code associato non funziona, gli esercenti che attraverso l’app VerificaC19 lo controllano ricevono esito negativo. I «furbetti» capiscono di essere stati truffati e iniziano a minacciare possibili denunce verso chi li ha raggirati.

Ma arriva la seconda brutta notizia: i malintenzionati sono sempre rimasti completamente anonimi, mentre i “clienti” hanno fornito loro non solo soldi, ma anche i dati personali come nome e cognome, residenza, codice fiscale e data di nascita.

Così parte la contro minaccia della diffusione dei dati: «Per dimostrare ai pochi stolti che le minacce e i tentativi di spaventare non hanno fatto altro che ledere alla loro persona – si legge nella risposta inviata ai clienti truffati – abbiamo deciso di fornire a tutte le persone che hanno inoltrato richiesta 24 ore di tempo da questo momento per inviare un pagamento di 350 euro in bitcoin».

Un’estorsione, quindi, che se non assecondata porterebbe alla diffusione di quei dati. Alcuni hanno pagato, e la cifra complessiva ottenuta dai truffatori supera i settemila dollari.

Minacciare un’identità ignota quando si è totalmente disarmati è da stupidi”- affermano i criminali.

Non si sa ancora se i dati in possesso dei truffatori, e oggetto del ricatto, siano finiti nel dark web o in mano alla Polizia Postale.”

 

https://www.corriere.it/tecnologia/21_agosto_09/green-pass-falsi-telegram-clienti-minacciati-truffatori-pagate-o-diffondiamo-vostri-dati-8c4cbfaa-f8ea-11eb-8531-faab9a3adcfb.shtml?refresh_ce

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