Autore: Massimiliano Cannata

La “mediamorfosi”, come la tecnologia sta cambiando la guerra

La battaglia in Ucraina ha mostrato nella massima evidenza come la professione giornalistica sia a una svolta. Michele Mezza, ex giornalista e inviato della RAI nel saggio Net-war definisce il fenomeno mediamorfosi. “Le informazioni – scrive – sono divenute alluvionali e gratuite, un tempo erano costose, rare e riservate. Questo ha cambiato gli assetti del mercato, causando una modificazione radicale della macchina produttiva. La rete ha oggi assunto l’informazione come “logistica militare”, mentre si combatte utilizzando i contenuti come strumento di offesa, agendo sulla psicologia dell’avversario”.

Il generale cinese Quiao Liang, ne “L’Arco d ell’Impero” (ed. LEG) offre una spiegazione ben documentata di quel processo di decentramento delle decisioni indotto dal web, che ha tracciato una diversa geografia dei poteri, rimodellando gli equilibri degli apparati militari. La prima fase del conflitto ha messo a confronto da una parte un modello “ottocentesco” di azione militare, simboleggiato dalla sequenza video della poderosa colonna di blindati russi lunga 65 km; dall’altra parte un sistema articolato e distribuito che combinava le risorse più ordinarie della rete, dai droni agli smartphone, da Telegram a Google Street, per localizzare e colpire il nemico mediante la combinazione di informazioni che affluivano dalla popolazione con i sistemi di guerriglia territoriale. L’emblema di questa seconda strategia si può individuare nel celebre appello del ministro dell’innovazione digitale Fiodorov ad Elon Musk di un paio di giorni dopo l’invasione in cui si chiede di mettere a disposizione della resistenza la sua flotta satellitare.

La cosa avviene subito, con una spettacolare capacità di georeferenziare ogni singolo soldato russo che si muoveva sul territorio. Significativo quanto accaduto a Bucha, con la contrapposizione di documenti, fonti, reportage, che hanno poi modificato la visuale stessa del conflitto. Ci si è trovati di fronte a un proliferare di fonti separate dai fatti, sovrabbondanti e parimenti verosimili, perché robustamente documentate da immagini e testimonianze. Arrivare alla conoscenza, per un cronista per raccontare quello che avviene ai tempi della rete e dell’Intelligenza artificiale, in un percorso evolutivo che vede le redazioni trasformate in software Hours richiede grande perizia, una lotta estrema contro il tempo, e un estenuante lavoro di formazione.

Risulterà decisivo per ricomporre la frattura tra informazione e informatica, affinare la padronanza della programmazione del software e della gestione del machine learning che appaiono oggi funzioni essenziali del bagaglio di un giornalista che si trovi a verificare flussi di dati e a maneggiare supporti di intelligenza artificiale. Come non è concepibile che in una redazione si appaltino conoscenze in materia di economia e politica, tanto meno è accettabile che si possa affidare ai fornitori di soluzioni digitali il compito di decifrare in tempo reale documenti e filmati, senza alcun intervento dell’intelligenza umana. Si automatizza il pensiero, ma anche il conflitto e la geopolitica assumerà un diverso profilo disciplinare, saranno dunque gli algoritmi a sedare le controversie nella prospettiva che molti studiosi collocano nell’era del post umano?

È lecito chiederselo mentre il disorientamento diventa ancora più forte se si considera che in un universo mediatico sconvolto dall’innovazione tecnologica, il delicato rapporto tra informazione e potere subirà forti contraccolpi. In questa prospettiva lo stato non assumerà più le sembianze del “Leviatano” di Hobbes, ma avrà una struttura porosa costituita dalle reti di informazioni che lo attraversano. Il governo dell’informazione potrà costituire il “respiro” della democrazia, solo a condizione che il diritto di cronaca e la libertà nell’esercizio della professione giornalistica vengano difese, senza cedere di un millimetro a tutte le latitudini.

Net-war

Autore: Michele Mezza

Donzelli ed.

 

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