L’importanza di rimettere al centro l’uomo

Vivere, di per sé, è un’esperienza pericolosa. Ogni giorno prendiamo delle decisioni e per farlo, inconsapevolmente o meno, raccogliamo segni, dati, informazioni sulla base delle quali fondare le nostre scelte. Anche scegliere, in un certo senso, è un’esperienza pericolosa.

Proteggere e proteggersi dovrebbe essere la priorità dell’essere umano, il cui bisogno primario per potersi dire in vita è respirare e il secondo, si potrebbe dire, continuare a respirare. Quando ho scoperto perché è nata la nuova Scienza del Rischio e di cosa si occupa ho capito che in sé portava, prima ancora dei protocolli operativi, l’introduzione di un modo inedito di occuparsi dell’uomo, rimettendolo al centro con i suoi bisogni primari. Nell’ambiente sociale contemporaneo in cui la logica dominante sembra essere la performance, quello della nuova Scienza del Rischio che rimette l’uomo al centro – e il cui motto è, appunto, Life first! – è un atteggiamento piuttosto sovversivo.
Ho deciso così di raccontare l’evoluzione della Cindynics, la Scienza del Rischio, e di rendermi testimone del lavoro, delle teorie e delle tecniche della nuova Scienza del Rischio, che nasce con un gruppo di ricercatori e professionisti europei e il cui corpus era ancora inedito nel suo complesso, fino a questo momento […] Mi sono immersa nella Scienza del Rischio in un momento decisivo e, a mio avviso, interessante: quello tra il pre e il post Covid-19. Ho visto i promotori e gli specialisti della disciplina diffondere la nuova visione e i nuovi metodi per neutralizzare il rischio in diversi Paesi. Li ho visti farlo prima che si espandesse la pandemia globale: attraevano un certo pubblico di lungimiranti specialisti, imprenditori, opinion leaders o board members che sposavano la visione innovativa del rimettere al centro la protezione dell’uomo, prima di tutto e a qualunque costo. Poi li ho visti diffondere la stessa visione e gli stessi metodi a pandemia iniziata: l’adesione diventò globale e immediata da parte di ogni tipo di pubblico, incontrando il beneplacito anche degli interlocutori più tradizionalisti e radicati ai metodi classici. Era come se tutti, improvvisamente, si fossero convertiti alla visione della nuova Scienza del Rischio, capendo all’unanimità che quello che si stava facendo per la protezione dell’uomo, a più livelli, non era sufficiente, e la prova era sotto gli occhi di tutti […]

La rivoluzione, per così dire, “copernicana” è avvenuta grazie a quella che più avanti chiamerò “scuola di pensiero di KELONY®”, che è la prima agenzia di Risk-Rating al mondo e che ha teorizzato e implementato nuovi protocolli per la neutralizzazione del rischio sovvertendo l’intero panorama dei metodi classici di risk management con innovazioni avveniristiche. Il pensiero di KELONY® concepisce ogni azione all’interno di una visione che auspica che l’uomo ritorni a essere davvero la finalità dell’uomo, e che gli strumenti possano, di conseguenza, rimanere strumenti ed essere catalogati e usati in base alla precedente finalità, assistendo a una ri-prioritizzazione della vita umana. Questo ha un impatto sulle scelte politiche, economiche e sociali e mette con successo l’uomo – e il Pianeta – al riparo dal rischio.

Un approccio onnicomprensivo

Non serve attendere un futuro utopistico per avere teorie e applicazioni differenti ed efficienti rispetto a quelle di cui l’uomo si è servito fino a oggi (e di cui si serve ancora): la nuova Scienza del Rischio, che le ha brevettate e messe in produzione, esiste già. Questa disciplina non è sovrapponibile alla “sicurezza” per come la si intende oggi – ovvero come traduzione ambivalente dei termini anglosassoni safety e security, dove safety si riferisce alla prevenzione dei rischi endogeni (tipici dell’attività che si sta svolgendo) e security alla protezione delle persone dai rischi esogeni (atipici rispetto all’attività che si sta svolgendo) – ma, in un certo senso, ingloba tutti gli strumenti che si occupano di sicurezza in diversi ambiti (industriale, infrastrutturale, informatico, sportivo, sanitario, alimentare, bancario ecc.) con un approccio onnicomprensivo.

Non è nemmeno un sinonimo di risk management così come lo si conosce, perché il risk management, che letteralmente significa “gestione del rischio”, si applica al rischio gestibile, come suggerisce anche l’etimologia […]

Nella visione della nuova Scienza del Rischio, che si può definire come l’unica dedicata specificamente al suo studio, il rischio preesiste all’uomo (analogamente al Big Bang) ed è per questo che la scuola di pensiero di KELONY® lo associa alla gravitazione universale newtoniana. Ha a che fare con la fisica delle particelle, con la meccanica quantistica, con il fuoricampo, con l’invisibile e con l’inesorabile. È una disciplina coraggiosa che non ha paura di dire le cose come stanno, di parlare di fine, di morte, di disastri, per guardare con le lenti migliori nella direzione corretta. La Scienza del Rischio fa quello che alcune discipline, talvolta, si dimenticano di fare: rinobilita esplicitamente l’intuizione e l’immaginazione prima ancora di sottoporre modelli che diventino dogmi da cui poi estrarre il senso della loro stessa creazione. Per questo è anche una questione di grammatica: di morfologia, di sintassi, di semantica; di segni da decodificare, di protezione da codificare e mettere in atto.

Da questa si ricava una teoria della protezione universale, che di certo non elimina la morte dalla vita dell’uomo, ma ne rende lieta e maggiormente sicura la permanenza sul Pianeta, per lui e per le generazioni del futuro[…]

Proprio per questo intraprendo il cammino a partire dal rapporto tra l’uomo e il futuro ignoto, chiedendomi, innanzitutto: cos’è il futuro? Cos’è il non-futuro? E come vengono approcciati nel regime discorsivo contemporaneo?

 

Il testo che pubblichiamo per gentile concessione dell’editore
è un estratto dell’introduzione del saggio:

La nuova scienza del rischio
Autore: Federica Spampinato
Ed. Guerini e Associati

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