Dai campi al ”cyberlaundering”: le agromafie attentano alla sicurezza delle reti. A colloquio con Gian Carlo Caselli

«Le stime sul ”fatturato” agromafioso, sono passate da circa 16 Miliardi, dato ufficiale reso noto nel 2016, a 21,8 miliardi. Si tratta di un numero approssimato per difetto che comunque segna un incremento di circa il 30%, e che dà l’idea della gravità del fenomeno. La criminalità ha abbandonano l’abito ”militare” per vestire il ”doppio petto” e il ”colletto bianco”, riuscendo così a gestire i vantaggi della globalizzazione e della finanza 3.0. Ciò che rende appetibile questo settore, oltre all’inadeguatezza delle leggi, che non riescono ad imporsi per rendere più difficile la pratica agromafiosa, è la capillarità delle sue diverse articolazioni».

Il procuratore Gian Carlo Caselli, Presidente del Comitato Scientifico dell’Osservatorio sulla criminalità nel settore agroalimentare può vantare una decennale esperienza nel campo della lotta alla criminalità organizzata e al terrorismo. In questa intervista affronta i temi caldi del Rapporto Agromafie, giunto alla quinta edizione, nato per iniziativa del Presidente dell’Eurispes Gian Maria Fara e realizzato in collaborazione con Coldiretti.

Massimiliano Cannata: Procuratore, quello dell’agroalimentare è un business in continua crescita per la criminalità. Cosa deve spaventarci di più?

Gian Carlo Caselli: Innanzi tutto il camaleontismo cioè la capacità di trasformazione di una mafia che ha cambiato pelle e che sarebbe fuorviante trattare secondo gli schemi che abbiamo seguito negli ultimi decenni. Nessuno vuole negare le origini storiche di un fenomeno peculiare dei nostri territori meridionali, che negli anni si è dimostrato capace di inserirsi nei gangli vitali delle grandi città del Centro e del Nord del nostro Paese. Ma oggi quella che fa più paura è la ”mafia silente”, che prolifera adottando modi di operare totalmente diversi dal passato. Basti pensare al fenomeno del cyberlaundering, ossia

al riciclaggio del denaro sporco on line, per comprendere il processo di trasformazione in atto.

Massimiliano Cannata: Cosa significa in concreto?

Gian Carlo Caselli: Vuol dire che la ”nuova” mafia non solo non taglieggia il proprietario del supermercato o dell’autosalone: piuttosto ne diventa socia o ne rileva in toto l’attività procurandosi sempre nuovi canali ”puliti”per il riciclaggio. La nuova criminalità sfrutta Internet che costituisce una sorta di acceleratore. Se un tempo le mafie traevano i propri proventi principalmente dallo sfruttamento di stampo gangsteristico e violento sul territorio, imponendo il ”pizzo” in cambio della ”protezione”, oggi si è fatta essa stessa ”imprenditrice”, che porta a compimento una strategia di ”normalizzazione”. Una delinquenza che opera sulle rotte virtuali. Da sempre lo scopo del riciclaggio è quello di allontanare il denaro dalla sua provenienza attraverso una serie di operazioni che mirano ad ostacolare la tracciabilità delle origini dei proventi. Con Internet viene ampliata la distanza tra il riciclatore e il capitale, rendendo più complessa l’indagine sui soggetti sospettati.

Massimiliano Cannata: Quali sono le conseguenze di questo mutamento così radicale?

Gian Carlo Caselli: Sono evidenti: la concezione di mafia e di mafioso ha finito con l’allargarsi fino ad inglobare altri territori che richiedono un quadro normativo conseguente che deve essere messo al passo con la ”nuova” criminalità che si nasconde dietro i consigli di amministrazione, le holding, i fondi internazionali, le società di consulenza, oltre che, come non di rado accade, dietro il paravento formale della politica e delle Istituzioni.

Dal kalashnikov alle reti virtuali

Massimiliano Cannata: Per che cosa si caratterizzano le strategie adottate dalle organizzazioni malavitose nel settore agroalimentare, che dimostrano questa straordinaria padronanza nel maneggiare le nuove tecnologie?

Gian Carlo Caselli: Sul versante agroalimentare, si sta per altro profilando un’economia parallela. Nell’ipotesi del cyberlaundering cui facevo prima riferimento, l’attività si riduce ad un’unica operazione virtuale e dematerializzata, in cui il fenomeno del riciclaggio di capitali illeciti può trovare le condizioni ideali per svilupparsi. La criminalità organizzata è così passata velocemente al mondo della tecnologia, passando così dai kalashnikov ad armi più sofisticate, come le botnet, reti che controllano anche decine di migliaia di computer e che possono essere utilizzate per aggredire aziende ed organizzazioni in Rete.

Massimiliano Cannata: Si tratta di operazioni delicate, che implicano la capacità di mettere insieme profili e competenze diverse. Siamo a un cambio generazionale, oltre che di metodi e strategie, a un ”salto di qualità” della nuova delinquenza organizzata?

Gian Carlo Caselli: Occorre ribadire che Internet e la Rete stanno consentendo alla criminalità organizzata di ogni paese di allargare i confini della propria azione, offrendo opportunità e prospettive fino a poco tempo fa inimmaginabili. Questo ha determinato una trasformazione del profilo e dell’identità della ”vecchia mafia”. Va poi sottolineato che il web rappresenta una ”zona franca” in grado di fornire garanzie di sicurezza ed anonimato, un’area ”grigia” che presta il fianco alla possibilità di commettere varie tipologie di reati. La sicurezza delle reti nel nuovo contesto diventa dunque un mezzo importante anche per il contrasto di una strategia criminale che non ha frontiere e che sta diventando sempre più minacciosa.

Massimiliano Cannata: Una criminalità che si sta mettendo in evidenza anche per la capacità di penetrazione ”commerciale” nei nuovi mercati. Anche questo è un fatto inedito non crede?

Gian Carlo Caselli: E’ di fatto quello che sta avvenendo. Le mafie con un’insospettabile vocazione al marketing, dopo aver ceduto in appalto ai manovali l’onere di organizzare e gestire il caporalato e altre numerose forme di sfruttamento, oggi condizionano il mercato, stabilendo i prezzi dei raccolti, controllando i trasporti e lo smistamento di intere catene di supermercati, gestendo l’esportazione del nostro vero o falso Made in Italy, la creazione all’estero di centrali di produzione dell’Italian sounding, e la creazione ex novo di reti di smercio al minuto.

La sicurezza delle reti quale asset strategico di contrasto

Massimiliano Cannata: Si riferisce alla cosiddetta ”mafia liquida”?

Gian Carlo Caselli: E’ la definizione più appropriata per fotografare l’attitudine della malavita ad infilarsi dappertutto, proprio come l’acqua. I mafiosi adottando gli stratagemmi più svariati, fanno incetta di cospicui flussi dei finanziamenti europei. Basti pensare che nel solo 2016 la Guardia di Finanza ha confiscato 137 terreni e individuato 29.689 terreni nella disponibilità di soggetti appartenenti alla criminalità organizzata; ha, inoltre, sequestrato patrimoni per un valore di 150 milioni di euro e 35 milioni di euro di finanziamenti indebitamente percepiti.

Massimiliano Cannata: Le innovazioni non si fermano qui. L’High frequency trading è l’altro termine chiave con cui dovremmo fare i conti. Lo può tratteggiare in sintesi?

Gian Carlo Caselli: E’ un ulteriore strumento a disposizione della criminalità organizzata, che consente gli scambi di Borsa ad altissima velocità, operati in modo automatico sulla base di algoritmi. Sono operazioni speculative realizzate mobilitando masse di denaro in grado di condizionare l’andamento dei titoli. Siamo di fronte a dispositivi ipertecnologici, i quali immettono in breve tempo sul mercato una frequenza elevatissima di ordini, che possono arrivare a superare i 5.000 al secondo. Una sorta di ”insider trading automatico”, i cui operatori sono, per gli inquirenti, difficili da individuare.

Massimiliano Cannata: Di fatto come operano i criminali?

Gian Carlo Caselli: Attraverso l’High frequency trading, banche e operatori finanziari agiscono contemporaneamente su diverse piattaforme regolamentate, come le Borse, o, cosa che accade ancor più spesso, prive di ogni controllo, come gli Over the counter (Otc), realizzando profitti di natura meramente speculativa. Grazie alla velocità di esecuzione delle operazioni, infatti, immettono, modificano e cancellano milioni di ordini al giorno, giocando sulle minime differenze di prezzo tra vendita e acquisto, e chiudendo tutte le posizioni entro fine giornata.

Massimiliano Cannata: Rapidità e controllo delle reti sono ancora una volta alla base di questa azioni illecite?

Gian Carlo Caselli: Il punto focale è proprio la velocità: algoritmi, sempre più complessi, ”vedono” gli ordini di un titolo, effettuati dai concorrenti nei diversi mercati, e in quel brevissimo lasso di tempo tra l’istante in cui l’ordine viene immesso e quello in cui compare nel cosiddetto book di negoziazione di ogni mercato, cioè nel prospetto telematico che contiene le proposte di vendita e acquisto, con quantità, prezzo e operatore, inondano i mercati di ordini, ricercando su altre piattaforme lo stesso titolo, e riuscendo così a chiudere la negoziazione a un prezzo più conveniente. Queste migliaia di ordini hanno quindi l’unico scopo di alzare o abbassare la quotazione del titolo e vengono poi cancellati, a negoziazione conclusa, in altrettante frazioni di secondo. La rapidità è tale che gli organi di controllo dei diversi paesi stimano che appena il 10% degli ordini effettuati con l’High frequency trading venga portato a termine; il rimanente 90% viene cancellato.

Massimiliano Cannata: Quali iniziative vanno intraprese per contrastare fenomeni così sofisticati e articolati?

Gian Carlo Caselli: La complessità della rete dei fenomeni criminali ha raggiunto livelli molto elevati. Il nostro sforzo in questa fase è concentrato nell’attività di mappatura della penetrazione delle attività criminali nella filiera agroalimentare, al fine di individuare un ”Indice di Permeabilità” che ci possa aiutare a comprendere meglio i punti di fragilità del nostro territorio per avviare un’attività di prevenzione e tutela sempre più efficace e al passo con i tempi. Siamo ormai di fronte a un problema transnazionale, mentre le Autorità di vigilanza sono a carattere nazionale, per cui nessuna di esse può avere una visione completa delle attività degli operatori Hft. Appare dunque evidente la necessità di orchestrare strategie investigative di prevenzione del rischio e delle vulnerabilità, fondate su un’intelligence di respiro transnazionale, che deve contemplare efficaci strategie di cyber security. Dalla centralità della lotta alle mafie, potrà discendere un orizzonte di libertà per il nostro Paese. Siamo di fronte a una partita che non possiamo permetterci di perdere.

Autore: Massimiliano Cannata

Gian Carlo Caselli

Biografia

Gian Carlo Caselli, nato ad Alessandria nel 1939, dopo la laurea in giurisprudenza è stato dal 1964 assistente volontario di Storia del Diritto italiano presso l’Università di Torino. Al 1967 risale il suo ingresso nella magistratura, con la nomina a Uditore giudiziario, alla quale seguì, nei primi anni ‘70, quella a Giudice Istruttore presso il Tribunale di Torino. Nell’assolvere a questo incarico, da lui mantenuto fino al 1986, Caselli istruì in particolare (dapprima come giudice singolo, poi in ”pool” con altri magistrati) tutte le inchieste sull’attività terroristica delle Brigate Rosse e di Prima Linea di Torino, Genova e Milano.Rientrato a Torino come Presidente della 1a Corte
di Assise, nel 1992, dopo le stragi mafiose di Capaci e via d’Amelio, che costarono la vita ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, chiese di essere nominato Procuratore della Repubblica presso
il Tribunale di Palermo, per mettere la propria esperienza nella lotta al crimine organizzato a servizio del Paese e della fondamentale missione di contrastare la mafia.
Completato il proprio periodo di incarico a Palermo, Caselli ha proseguito la carriera con la stessa passione e con altri ruoli prestigiosi, anche a livello internazionale: nel 1999 Direttore del Dipartimento di amministrazione penitenziaria, nel 2001 componente dell’unità di cooperazione giudiziaria europea ”Pro-Eurojust”, nel 2002 Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Torino.
L’impegno da magistrato è proseguito a Torino, dove è stato nominato, con voto unanime del Consiglio Superiore della Magistratura, Procuratore Capo in sostituzione del giudice Marcello Maddalena.
In continuità con il suo impegno nella diffusione della cultura della legalità, dal 2014, è Presidente del Comitato Scientifico della Fondazione
di Coldiretti ”Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare”.
E’ stato Presidente della Commissione per l’elaborazione di proposte di intervento sulla riforma dei reati in materia agroalimentare
(D.M. 20.4.2015) voluta dal Ministro Andrea Orlando; – i lavori della Commissione si sono 
conclusi con la presentazione al ministro di un dossier con 49 articoli e relative linee guida del progetto di riforma.

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