La ricerca recentemente condotta da GCSEC insieme all’università di Oxford sullo skill shortage solleva diverse questioni interessanti, soprattutto per quelle aziende che hanno una visione chiara dell’importanza della sicurezza informatica e tutta l’intenzione di rendersi protagoniste del futuro cyber che ormai è già qui.

Come mai c’è tanta distanza fra le competenze necessarie e quelle disponibili? Dove e come, a un certo punto, si è inceppato il meccanismo della domanda e dell’offerta? Ma soprattutto, guardando al futuro, cosa può concretamente fare un’azienda per riempire il gap che si è venuto a creare? Come può accompagnare i propri collaboratori e dipendenti in un percorso articolato che li porti a maturare quelle conoscenze e quegli skill di cui c’è attualmente bisogno nel mondo digitale?

Gli strumenti sono noti e tutte le organizzazioni più lungimiranti ne fanno uso costante: corsi di formazione, training on the job, e-learning, iscrizione e collaborazione con gruppi specialistici, etc. Tuttavia, a fronte dei risultati di una ricerca come quella sullo skill shortage, viene spontaneo aggiungere un ulteriore quesito a quelli già elencati poco sopra: questi strumenti noti e diffusi sono realmente efficaci, i migliori disponibili? O forse, in un’epoca così mutata e mutevole come quella che stiamo attualmente vivendo, non si potrebbe pensare ad arricchire e ampliare il panorama educativo e formativo, guardando magari ai cambiamenti di costume intervenuti nel frattempo anche nella società non strettamente digitale? Oggi ci sono i social network, dove la comunicazione è rapida, immediata, velocissima, e ci sono Netflix, Amazon tv e servizi affini, che hanno trasformato le serie tv in uno dei, se non nel, format più seguito e diffuso, in cui la brevità del singolo episodio o della stagione nel suo complesso è cruciale per fidelizzare lo spettatore.

Pare quindi evidente che, al momento attuale, una comunicazione efficace, anche quando volta all’insegnamento, debba necessariamente uscire dai confini ingessati e rigidi del classico corso di formazione e prediligere forme più “smart”, in grado di conquistare l’attenzione e trasmettere il messaggio anche in tempi ridotti. Mezzi di comunicazione che facciano presa sul pubblico medio, non necessariamente il tecnico o l’utente esperto, perché oggi la sicurezza informatica è un tema che riguarda tutti e a tutti deve essere insegnato come tutelare se stessi e le proprie informazioni, non più solo allo sviluppatore super specializzato che deve mantenersi al passo con le evoluzioni tecnologiche.

Non è quindi un caso se di Poste Italiane ha intrapreso per il 2019 un progetto innovativo nel panorama digitale, vale a dire la realizzazione di una mini web serie, in cui l’investigatore interpretato da Alessandro Curioni, editore, imprenditore, giornalista, e autore delle sceneggiature, affronta casi di attacchi informatici realmente accaduti (e ovviamente un po’ romanzati a fini narrativi), mostrando come sia possibile diventare vittime di attaccanti malevoli, complici inconsapevoli, strumenti persino, e quali tecniche sia necessario utilizzare per riuscire a capire cosa sia veramente successo. 14 episodi di 5-8 minuti, che spaziano dal phishing, alle truffe del CEO, agli attacchi via Wireless all’Internet of Things, “Le indagini di un cyber investigatore” è fortemente post-moderno, cyber dal montaggio alla fotografia, improntato a una comunicazione lineare adatta a un pubblico meno specializzato, ma con contenuti solidi e rigorosi in grado di superare l’esame anche dello spettatore più tecnico. Senza contare la qualità di scrittura e regia, che lo rendono accattivante anche per semplici serial-addicted. L’esperimento del CERT di Poste Italiane è innovativo perché è il primo di questo genere in Italia, e probabilmente anche a livello internazionale, se si considera che l’ultima serie a tema informatico è stata Mr. Robot, con l’ormai premio Oscar Rami Malek, che aveva un taglio sicuramente più tecnico e meno family-friendly rispetto a queste pillole realizzate da Alessandro Curioni. Le indagini su una rete senza fili realizzano per la prima volta uno strumento didattico che è in tutto e per tutto anche un prodotto seriale di alto livello. Si tratta ovviamente di un arricchimento del panorama formativo, non di una soluzione definitiva: nessun filmato può sostituire un percorso di studio articolato, ma la facilità di comunicazione e comprensione offerta da simili media può contribuire a diffondere una reale consapevolezza e cultura della sicurezza informatica, proprio perché si rivolge trasversalmente a un pubblico inclusivo, e tratta la sicurezza per quello che è: un tema che riguarda tutti.

Sonia Ciampoli

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